Fa ancora discutere la sentenza che ha assolto Luigi Ermanno Bonaventura, uno dei presunti autori della rapina alla gioielleria Sarni Oro di Vasto che l' 11 aprile 2016 procurò un bottino di oltre 520.000 euro. Le prove a carico del giovane sanseverese apparivano schiaccianti.
Gli inquirenti, con l'ausilio del Ris, avevano individuato sugli indumenti utilizzati dai rapinatori sia il DNA del Bonaventura, che una sua impronta papillare. Inoltre c'erano i tabulati telefonici. Macigni probatori che però non sono stati evidentemente ritenuti sufficienti per una condanna.
Contattato telefonicamente uno dei difensori del Bonaventura, l'avv. Giuseppe Casale, superando la sua naturale riservatezza, ha rivelato che tutta la strategia difensiva è stata costruita intorno al principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio. "Un principio di civiltà giuridica fondamentale, presente anche nel nostro ordinamento e che si fonda sull'idea che in caso di dubbio è preferibile un colpevole in libertà che non un innocente in carcere. Il mio assistito poteva aver toccato il pantalone con le tracce prima che il vero rapinatore lo acquistasse".
P.C.