Di Ninni
San Sebastiano, patrono dei muratori: il racconto di Michele Molino
San sebastiano
“Vicìne a na cerche l’hanne legàte, cingue frecce iànne tiràte”
19/01/19

San Sebastiano  era  un santo romano, di origine francese, venerato come martire dalla chiesa cattolica  e  dalla chiesa cristiano ortodossa.  Il 19  vigilia di San Sebastiano,  patrono della pintìhure  (polmonite), dei muratori e della polizia urbana,  comitive di cantori sfileranno  nel centro della città e nei rioni, inneggiando al santo con canti di questua. Le origini di questa tradizione si perdono nei secoli.  Nei  tempi passati erano i gruppi composti da soli muratori a cantare " Lu Santesabbastiène”. San Salvo va orgogliosa di aver avuto dal 1930 a metà degli anni ’60, mastri muratori di indiscussa bravura. Non sapevano né leggere né scrivere, tuttavia erano svelti  nel calcolo aritmetico, rapidi nella “lettura” dei disegni planimetrici, veloci nella valutazione numerica della grandezza delle figure geometriche, inimitabili nella tecnica costruttiva, eccezionali nell’arte dello scalpello. Si vestivano con larghi pantaloni di fustagno, camicie a quadri, maniche rimboccate fino ai gomiti, berretti confezionati con la carta ritagliata dai sacchi di cemento. Per evidenziare la loro autorità nei confronti dei manovali appoggiavano la matita dietro il lobo dell’orecchio e mettevano il metro snodabile nella tasca posteriore dei calzoni.  Lavoravano come bestie dall’alba al tramonto; le mani lacerate dalla calce, dalla polvere dei mattoni e dalle schegge delle pietre. Per la disinfezione delle ferite  facevano ricorso all’urina. Sui tavoli delle famiglie salvanesi non è mai mancato un boccale di vino, perciò, i muratori, specialmente quando avevano le gole arse, non si facevano “tirare troppo la giacca”, al cospetto di bicchieri dal soave profumo d’ambrosia e dal colore rosso rubino. In prossimità del Natale, del Capodanno,  della Pasqua, di San Vitale e San Rocco si davano appuntamento nelle case e, tra libagioni e canti, attendevano l’alba. Nella vigilia della festa di San Sebastiano, patrono dei muratori, si fermavano nelle viuzze e nelle piazze, cantando “Lu sansabbastiàne”. Riuscivano perfino ad improvvisare stornellate: ” Puzze cascà da na scàle di sissànda pìre e vulesse che la mia bbelle m’ ariccùiesse”. (Possa io cadere da una scala con 60 piuoli e mi piacerebbe che ad accogliermi in braccio fosse la mia ragazza innamorata). Si esprimevano con un linguaggio particolare e indecifrabile quando non volevano far capire all’esterno le loro conversazioni segrete.

Michele Molino

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